Lettera al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, Roma
Al Rettore Magnifico
del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum
via degli Aldobrandeschi, 190
00163 Roma
[copia al Decano della Facoltà di Teologia]
Reverendissimo Padre Rettore,
in quanto docente della Facoltà di Teologia di codesto Pontificio Ateneo, desidero condividere con Lei la mia decisione di rendere pubblico il fatto che sono persona omosessuale. Sono orgoglioso e felice di poter finalmente esprimere questa mia identità, libero da disumani pesi psicologici, ingiustificati sensi di colpa, traumi di complessi e di stress, accuse di malattia e di deviazione. Condivido con Lei e, tramite Suo, con tutta la nostra giovane Comunità accademica questa esperienza di liberazione dall’odio, dal disprezzo e dalla paura di se stesso, infuse diabolicamente nella stigmatizzazione delle persone appartenenti alle minoranze sessuali dalla nostra Comunità cattolica. Le comunico la gioia del mio atto di difesa di tutte le sane persone omosessuali, lesbiche, transessuali, bisessuali, intersessuali.
Purtroppo, con il profondo dolore, mi rendo ben conto quale risposta della mia Chiesa vado ad incontrare dopo la mia ammissione della verità, della realtà. Si tratta infatti nel mio caso del rispetto della realtà. Come insegna il nostro Papa Francesco, la realtà semplicemente è, l’idea si elabora: la realtà è superiore all’idea (Evangelii gaudium, 231-233). Sono sicuro che questo principio deve essere la norma della ricerca in ogni Facoltà di Teologia, Filosofia o Bioetica.
Oggi penso al mio impegno universitario, che desideravo svolgere sempre con il massimo impegno, dedizione, apertura e disponibilità, nell’annuncio di Cristo e nella comune ricerca della verità di Dio e dell’uomo. Vorrei ringraziare tutte le mie Studentesse e gli Studenti, assicurando che sarebbe il mio vivo desiderio poter spiegare a loro il valore della mia decisione. La mia decisione non è contro la Chiesa, che amo e a cui ho dedicato tutta la vita, ma a favore della Chiesa e della sua ormai urgentemente necessaria conversione. Penso, che amare veramente si può solamente a partire e nella coerenza con la propria identità vissuta nell’armonia dell’accettazione e dello sviluppo della persona, e non nella menzogna imposta attualmente dalla Chiesa riguardo alle questioni dell’orientamento sessuale. Grazie ai miei Studenti, con i quali soprattutto negli ultimi tempi il dialogo diventava sempre più sincero e aperto sulle grandi questioni umane. Spero che con il passar del tempo potranno comprendere la mia decisione alla luce delle esigenze della verità evangelica consegnataci da Cristo.
La mia decisione cresceva nel tempo e in mezzo a molte sofferenze, anche nel nostro ambiente accademico ed ecclesiale, che purtroppo percepivo come imbevuto dell’omofobia, segnato da una violenza verso le persone omosessuali. L'omofobia spesso è legata alla paura davanti al fatto che nella Chiesa il numero delle persone omosessuali è molto alto. Un gay odiando se stesso ed i conflitti imposti nel suo cuore dalla Chiesa, facilmente inizia ad odiare, in una paradossale difesa di se, tutti gli altri che sono come lui, naturalmente e sanamente omosessuali. È l’esperienza di un trauma profondo che vive la Chiesa e che purtroppo sperimentavo in maniera sofferta nelle nostre comunità.
La ringrazio per la Sua attenzione e comprensione, fiducioso nel suo pensiero, libero da pregiudizi e stereotipi, giusto nello spirito del Papa Francesco che ci ha posto davanti agli occhi l’ideale, purtroppo per noi solo teoretico, di non marginalizzare e di non stigmatizzare nessuno. Chiedo la Sua preghiera per me, perché io possa essere fedele alla verità di Dio e dell’uomo, come ci è stata rivelata in Cristo.
Chiedo la preghiera per me ai giovani Legionari. So quanti di loro sono persone piene di zelo e di passione per Cristo, impegnate nella vita di preghiera. Prego per loro affinché non si lascino a distruggere interiormente dalle paure e dai formalismi, ma abbiano coraggio di pensare, di riflettere la realtà e di dire la verità misericordiosa sull’uomo, che sentono dentro nella loro passione per Cristo e non nelle formule imposte, non di rado imbevute di un estremismo disumano.
Chiedo la preghiera per me a tutti i miei Studenti, sia dalla sorridente e libera America Latina, sia dalla riflessiva e desiderosa di essere ascoltata Asia, sia dall’Africa piena di speranza, sia dall’ordinata e pragmatica America del Nord. Prego per loro affinché non si lascino mai plagiare, ma siano fedeli ai propri ideali, da loro conosciuti nelle proprie coscienze davanti a Dio. Che siano liberi di pensare, esprimere domande, dubbi e riflessioni. E che non nascondino tutto ciò che fa parte integrante della loro identità personale: infatti, negandola e traumatizzando, non saranno mai felici. Il sacerdozio o sarà la via di felicità e di beatitudine o non sarà sacerdozio di Cristo, ma solo un impresa degli uomini.
Suo in Cristo
Mons. Krzysztof Charamsa
Roma, 3 ottobre 2015.