Chi ha scritto “Ritorniamo a sognare” del papa Francesco?
Il papa Francesco ha offerto il nuovo libro per la pandemia Covid. Di frequente il papa dedica il tempo del suo pontificato a compilare libri e interviste con i giornalisti di “sinistra”, ma anche di “destra o estrema destra ecclesiale”. In questo senso il nuovo frutto del prolifico pontificato non sorprende. Ciò che potrebbe sorprendere è il modo di preparare il messaggio di quel nuovo libro del papa con un bel titolo “Ritorniamo a sognare. La strada verso un futuro migliore” (dicembre 2020). Si afferma che il testo fu preparato “in conversazione con il giornalista britannico Austen Ivereigh”, però nel suo corpo non esistono domande o contributi del giornalista, ma solo la narrazione firmata dal papa. Nella sua forma non è dunque il risultato di un dialogo, dove sarebbe facile distinguere la mens del leader religioso dall’intenzione del giornalista. È sempre interessante analizzare le sottigliezze delle risposte date in un'intervista. Esse devono essere contestualizzare alla luce delle domande fatte, ovvero della dinamica del confronto dialogico, in cui niente è solo dell’uno, ma sempre dei due. Niente che si dice non è una dichiarazione immersa nel vuoto, ma il frutto di uno scambio tra i due pensieri. Nelle conversazioni ogni tanto escono le cose che l’intervistato non vorrebbe che fossero uscite, ma che sono provocate dalla dinamica del dialogo. Il problema che nel nuovo libro “pontificio” il dialogo della conversazione svolta non c’è. Sembra che il papa parla e il giornalista, muto, fa da notaio, prendendo responsabilmente le note di questo monologo narrativo per riferirci con la massima precisione possibile ciò che il leader mondiale vuole comunicare all’umanità.
“Ritorniamo a sognare” contiene tre parti e il giornalista Ivereigh spiega (in una mail a NCR) come fu preparato il testo, ciò che inizia a suscitare serie domande e dubbi. Ivereigh afferma che per la prima parte del libro lui aveva inviato al papa le domande e ha ricevuto le risposte registrate a voce, che lui ha trascritto. Ma la seconda e la terza parte ha scritto lui stesso! Era lui a inviare queste parti preparate al papa, che le ha editate e riviste. Ivereigh dice che "He [the pope] gave me great freedom, but then would revise everything in detail, striking out, adding, changing (…) It really is his book in every sense."[1] Non ci resta altro che credere a questo giornalista.
Nonostante tutto il credito che si possa dare a lui, i lettori di questo libro sono posti davanti ai seri problemi d’interpretazione. Prima di tutto, a me, come cattolico, interessa che dice il papa, ma non mi interessano neanche minimamente le riflessioni e diagnosi ecclesiali di un giornalista britannico il più famoso che sia. Le sue opinioni saranno interessanti per i suoi seguaci, ma non per i membri della Chiesa cattolica, che devono cercare di capire cosa pensa realmente il loro papa circa i problemi vitali della loro Chiesa e non un privato professionista, che si guadagna la vita come “corrispondente vaticano”. Non è assolutamente sufficiente la sua assicurazione che il papa – si presume, con l’infinità del tempo libero di cui un pontefice dispone – ha rivisto dettagliatissimamente le due terzi del testo scritto da un giornalista, che ora lo sta vendendo come “testo del papa”. Come si sa, la bozza preparata da un ghostwriter è un servizio, il quale in certi casi può condizionare fortemente l’autore, eccetto che l’autore non decida di riscrivere tutto da capo. Per di più, mi sembra che un papa neanche disponga di tutte queste “giornate libere” per poter dedicare tanto tempo alla pignoleria e meticolosità delle revisioni delle bozze e scrittura dei libri privati. Molti impegni spesso influiscono pesantemente sui processi delle correzioni da parte delle autorità politiche o religiose dei testi per loro preparati.
In un libro-dialogo le domande già influenzano fortemente le risposte e perciò è importante di riportarle dettagliatamente per poter interpretare il pensiero dell’intervistato, che non di rado smentisce più tardi ciò che è stato pubblicato nel contesto di una domanda. Il papa Francesco lo ha fatto già diverse volte: smentito, corretto o attenuato le sue risposte date nelle conversazioni con i giornalisti. Le domande competenti e ben preparate nel dialogo possono far vedere contraddizioni dell’autorità intervistata od obbligarla a rivedere pubblicamente le proprie posizioni, che potrebbero risultare contrarie alla conoscenza scientifica, incoerenti con la realtà, smentite dai dati di fatto, etc. Ma le domande possono anche essere preparate in modo da anticipare e spingere le risposte nella direzione voluta dall’autorità intervistata. È questo il lavoro di molti giornalisti accreditati presso il Vaticano. In molte Chiese, come per esempio in Polonia, solo quell’ultimo tipo d’intervistatori è ammesso a intervistare i leaders religiosi cattolici, cioè vescovi e preti.
Il caso del libro d’Ivereigh è molto più grave: è il giornalista che ha preparato le risposte del papa senza neanche porre le domande. Mi sembra che in effetti nel testo si possono percepire a volte certe differenze: la prima parte, frutto dalle registrazioni del papa, è più personale; la seconda e la terza sembrano più formali ed elaborate non a braccio, ma come se si volesse dare le risposte più ufficiali ai problemi trattati. Mentre, dal punto di vista dello scopo di queste pubblicazioni private del papa, si deve dire che la questione che cosa pensa il papa è troppo seria per i membri della Chiesa cattolica, ma anche per il mondo, su cui l’influsso della Chiesa non è indifferente. In questo senso, l’autorità religiosa non ha diritto morale di “delegare” a un giornalista la preparazione delle sue risposte sui temi scottanti, che riflettono anche le ingiustizie della Chiesa, le quali quel papa chiamato “gran riformatore” (per usare titolo d’un libro biografico d’Ivereigh su Francesco) intende mantenere. Per i documenti ufficiali e vincolanti della Chiesa cattolica esiste già una “delega” canonica: ciò che scrive la Congregazione per la dottrina della fede (CDF) ha il valore dell’insegnamento vincolante pontificio. È un caso gravissimo d’abuso rispetto alla teologia del potere assoluto del papa. Secondo la dottrina cattolica, il papa non può “delegare” a nessuno i suoi uffici, tra cui quello d’insegnare autorevolmente legato per di più al dogma dell’infallibilità. Aggirata questa l’impossibilità, i papi hanno ceduto a una officina vaticana il suo potere pontificio d’insegnamento vincolante e così oggi esiste già tutta una biblioteca di documenti della CDF ingiusti e falsi, molte volte semplicemente e vergognosamente disumani, che sono approvati dai papi come “loro” e hanno il valore di un “magistero pontificio”.
Nel caso del libro "Ritorniamo a sognare" il papa “delega” un giornalista (neanche un teologo professionale) per questa sua pubblicazione personale, in cui però si trattano e argomentano le ufficiali questioni dottrinali utilizzate oggi dalla Chiesa cattolica, per esempio, per l’oppressione della donna. Nella preparazione di una bozza le alterazioni o le manipolazioni possono essere fatte in maniera molto sottile da non farlo percepire a prima vista. Per questa ragione, è sempre meglio che le autorità religiose si concentrino a correggere le bozze dei decreti, documenti e discorsi ufficiali con le quali hanno il dovere morale d’iniziare a riformare la Chiesa, secondo le promesse fatte otto anni or sono, invece di donare il proprio nome ai libri dei giornalisti, i quali poi formano l’opinione pubblica mondiale e più di un miliardo di fedeli cattolici. Il papa è già sovraccaricato dal molle di documenti e discorsi ufficiali, preparati dai suoi uffici (presumibilmente competenti teologicamente), che deve correggere prima di proclamare o firmare. Di fatti, diverse volte si ha impressione che il discorso che sta pronunciando pubblicamente non ha letto prima in privato. Si sente che non l’ha fatto “suo” e non ha corretto il testo che si fa pubblico “dalla sua bocca”, perché probabilmente non sempre ha tempo di leggere tutti i discorsi prima. Qualche volta, durante la lettura, con i suoi inserti a braccio, inizia a correggere, completare o semplificare i discorsi scritti. Non è una critica: è solo la costatazione di ciò che passa con molti politici o leaders, che sovraccaricati pronunciano i discorsi che neanche hanno visto prima. Questa realtà esige di disporre di collaboratori di massima fiducia e competenza, specialmente quando non si vogliono ripetere le banalità sorpassate scritte dai funzionari antiquati, ma proporre la coraggiosa riforma dell’istituzione mondiale promessa e ripromessa in continuazione. Ovviamente, anche nel caso del presente libro privato del papa, il male non c’è, se il messaggio è autenticamente pontificio, “suo”. Ma se il messaggio è contaminato, deformato, discretamente plasmato, piegato o preparato da un giornalista che può essere più prossimo all’ideologia dell’Opus Dei piuttosto che agli interessi dei Legionari di Cristo (è solo un esempio, senza un diretto riferimento al livello d’oggettività del giornalista in questione), si che in quel caso il problema d’una “pre-confezione” del testo è grave e non dovrebbe essere appoggiata da parte del papa di tutti, che esercita un’immensa influenza come leader religioso e civile mondiale e che pubblica più libri e interviste che i decreti di vere riforme della Chiesa.
La domanda di un cattolico preoccupato per la propria Chiesa è pertinente e fondata: perché il papa dedica tanto tempo a una comunicazione informale, privata, personale, e non spende quel tempo allo studio, discernimento e apertura delle riforme che la Chiesa realmente necessita. Scrivere libri non è il compito del papa; riformare la Chiesa cattolica sì che è il suo dovere morale. Non si può negare che i libri e le interviste possono essere anche un canale prezioso per conoscere la mens del proprio leader o maestro spirituale, ma quando i libri dei leaders spirituali iniziano a essere scritti da giornalisti o ghostwriters, viene tristemente a galla la domanda sul loro valore e la vera intenzione. Viene a pensare che questi libri creano soprattutto un benevola immagine pubblica, così diretta e trasparente, come possono essere risposte a braccio. Però se queste sono preparate a tavolino da un altro, il rischio è che servano per creare una maschera che copre il leader, che non si giudicherebbe più per ciò che ha realmente fatto, ma per ciò che ha comunicato il suo staff di esperti di comunicazione. Non sarà questo il caso del papa. Ma la domanda rimane: perché non dedica tutto quel tempo a correggere le bozze dei decreti riformatori della Chiesa, la strada quella per un nostro futuro migliore.
Nel prossimo articolo analizzerò ciò che il papa Francesco pensa sulla leadership delle donne nella Chiesa cattolica, e che si trova purtroppo nella seconda parte del libro “Ritorniamo a sognare”, quella scritta dal giornalista. Ma accettiamo per buono che anche là tutto è il puro pensiero e la genuina espressione del papa. Altrimenti non varrebbe la pena occuparsene.