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09-05-2021

Che cosa nasconde il ministero di catechista?

Questi giorni ho avuto una buona e arricchente conversazione con una giornalista vaticana, che tra l’altro mi ha detto che la settimana prossima il papa Francesco istituirà il ministero di catechista. Non ero riuscito a nascondere la prima reazione a questa nuova “mossa dottrinale” del Vaticano: una risata “teologica” mischiata con la disperata amarezza per questa notizia.

Teologicamente non sarebbe una cosa malvagia riconoscere l’antico ministero del catechista, in passato riservato ai soli sacerdoti. Il problema è che la lettera apostolica in forma di “motu proprio” di papa Francesco Antiquum ministerium (che non ho letto ancora, perché sarà pubblicata solo il prossimo 11.05.2021) affronta una cosa esistente da anni. I cattolici laici e sopratutto le cattoliche laiche sono catechisti e catechiste da decenni e molti/e di loro considerano questo servizio alla fede non solo come una professione, ma come un loro ministero per la comunità della Chiesa, ricevuto con un mandato ecclesiale. Perciò si possa intravedere che la novità della decisione pontificia sarà la seguente: la realtà postconciliare di molti laici e laiche catechiste ormai presente nella vita della Chiesa cattolica sarà ora riconosciuta ufficialmente come ministeriale. La stessa cosa fu proposta dal papa in occasione del recente riconoscimento canonico del fatto che le donne hanno diritto al ministero del lettorato e accolitato (nonostante la loro condizione di essere donne, sic!, 10.01.2021). Il problema è che le donne cattoliche da decenni sono già de facto in molte zone della Chiesa lettrici e accolite. Adesso possono esserne de iure, però sempre a condizione che il vescovo locale le chiami a questo ministero, esattamente come succede già. Così il cambio introdotto dal papa è il riconoscimento dello status quo già esistente. In Germania o in Olanda, il clero permette alle donne essere lettrici e accolite. In Polonia permette solo di essere lettrici e non permette di essere accolite, etc. Ogni contesto ecclesiale segue la sua pratica di gestire i diritti e le discriminazioni delle donne e il papa, cambiando il diritto canonico, riconosce solo che i vescovi possono continuare a fare ciò che facevano finora. Adesso sembra che arriva il momento di “stabilire” o “riconoscere” il ministero di catechista, che anche viene già esercitato da laici e laiche, in questo caso, sia in Germania che in Polonia.

Proporre la “riforma” del ministero di catechista, già “riformato” dalla stessa pratica della vita ecclesiale, teologicamente “fa ridere”, considerando le vere questioni che dovrebbero essere studiate e alle quali si dovrebbe dedicare il prezioso tempo di questo storico pontificato già definitivamente acclamato come riformista.

Uno che ha lavorato in Vaticano, sa che i singoli dicasteri, uffici, consigli e commissioni, qualche volta create o piuttosto “inventate” per offrire l’immagine attiva e attrattiva della Chiesa di Roma, devono a sua volta dimostrare che lavorano. Devono far vedere la loro “ragione d’essere”. Dunque preparano i documenti che non cambiano nulla, come è in questo caso, ma creano l’impressione d’un ufficio che lavora senza sosta. Ma forse in questo caso si deve cercare anche le altre ragioni.

Forse questo documento è stato preparato per il papa con lo scopo di fargli piacere. Infatti, può essere un ottimo documento da presentare all’opinione pubblica in una conferenza stampa come “un nuovo passo delle riforme del papa riformatore a favore d’una Chiesa in cui, grazie a lui, tutti e tutte sono impegnati nei ministeri e non necessitano d'essere sacerdoti”. Per dirlo in maniera più diretta, il messaggio sarebbe: “vedete come generosamente riconosciamo l’importanza delle donne. Adesso grazie al papa possono essere anche ministre catechiste”. Il problema è che la vita da tempo ha già aggiustato la questione dei ministeri “laicali” delle donne e il presente sforzo vaticano è di dubbia importanza.

Come ricordavo sopra, addirittura in un paese così fondamentalista, come Polonia, mia madre di formazione economista, molti anni fa aveva intrapreso gli studi di teologia per diventare catechista, cambiare il lavoro per il servizio alla fede. Lei era anche lettrice durante le celebrazioni liturgiche (non accolita, che – come ricordavo – sarebbe impensabile in Polonia); preparava i testi della preghiera dei fedeli e le altre orazioni eseguite pubblicamente nelle celebrazioni; dirigeva le celebrazioni paraliturgiche; etc. Tutto questo era il suo ministero fino al momento in cui la Chiesa e la società polacca l’avevano “uccisa” ecclesialmente e socialmente, perché ha avuto coraggio di difendere il suo figlio sacerdote, che nel coming out aveva riconosciuto il proprio orientamento sessuale e ha denunciato l’oppressione omofoba ecclesiale. Mia madre, nonostante il fatto d’essere rifiutata e discreditata dalla Chiesa locale, fino alla morte si considerava ministra catechista. Racconto questa storia personale per offrire solo un esempio di come nei contesti diversificati della Chiesa mondiale le donne si sono conquistate già da sole i ministeri chiamati “laicali”, senza una precisa copertura legale, finora effettivamente bloccata dal Vaticano. Le leggi, che adesso arrivano in quel campo hanno un’importanza teologica del tutto relativa. La vita ecclesiale delle donne ha già sorpassato quel blocco mentale maschilista. Non necessitano i permessi per quei ministeri “laicali”, necessitano di essere riconosciute come pieni soggetti cattolici di ministeri sacramentali. In questa luce, le attuali pubblicazioni vaticane sono come “offrire le caramelle dolciastre al paziente Chiesa invece di offrirgli il competente e improrogabile intervento chirurgico, di cui il paziente necessita per salvare la sua vita, mentre con l'inganno gli viene fatto credere che le caramelle gli dovrebbero bastare”. Proprio per questo il nuovo provvedimento pontificio provoca più domande che risposte, più amarezze che gioie. Tra molti doveri della Chiesa, il principale è quello d’iniziare a trattare in maniera radicale e con oggettività teologica e scientifica l’identità femminina con i rispettivi diritti e doveri nel campo della fede, dei sacramenti e dei ministeri.

Chi possiede la coscienza di questi necessari studi e riforme ecclesiali finora non iniziati, può con ragione sospettare che il nuovo documento del papa, ugualmente a quello sulle lettrici e accolite, invece di migliorare la Chiesa, tenta solo di neutralizzare le fondate richieste di vere riforme. Infatti, propone cambi che non cambiano niente d’essenziale nella realtà discriminatoria della vita ecclesiale: non superano la sua misoginia, ma potranno essere presentati come i presunti “progressi a favore delle donne”. Non sono riforme, ma i “surrogati” di riforme, però all’opinione pubblica possono trasmettere il messaggio di “work in progress” delle riforme ecclesiali. Così si prova a convincere quelle donne cattoliche che reclamano il rispetto dell’uguaglianza riguardo al sacramento di sacerdozio, che dovrebbero smettere di farlo e accontentarsi di questi passi, gli unici possibili, offerti dal papa riformatore. Mentre i documenti di questo tipo sono solo la copertura della mancanza di riforme reali, organizzata con una precisione mediatica propria di una potente istituzione globale.

Nella Chiesa cattolica abbiamo davanti gli epocali problemi d’ammissione ai sacramenti e ai ministeri sacramentali. Le donne sono a priori, in base a loro sesso, escluse da un sacramento, quello del ministero sacerdotale. Sono discriminate come indegne di quel ministero sacramentale del sacerdozio, che è essenziale nella dottrina cattolica per la trasmissione della grazia. Loro non hanno il diritto d’essere mediatrici di grazia, come lo hanno i cattolici maschi. Nessun ministero chiamato “laicale” (di catechista, lettrice, accolita o altro) potrà mai colmare questa arbitraria e ingiusta discriminazione secolare, priva di un sufficiente fondamento biblico. La Chiesa cattolica ha il dovere morale d’iniziare a studiarla seriamente e superarla urgentemente, perché è una discriminazione contraria ai diritti umani e cristiani delle donne. Una Chiesa, che vuole riscoprire il proprio ministero d’annuncio catechistico della fede, deve prima convertirsi alla realtà umana e cristiana di coloro che ne fanno parte.


Barcelona, 9.5.2021.